C’era una volta un bambino segretamente convinto che i soldatini avessero un’anima.
Affascinato da una favola che narrava l’amore tra un soldatino di piombo senza una gamba e la
ballerina di un carillon, si era persuaso che i soldatini, inanimati di giorno, di notte
prendessero vita e protetti dall’oscurità diventassero protagonisti di storie che nessuno
avrebbe mai visto. Mosso dalla speranza di poter spiare la vita segreta dei suoi amici di
plastica, il bambino passava interi pomeriggi a schierare sul pavimento di piastrelle verdi
i suoi soldatini colorati, trovati come sorpresa nelle patatine, scambiati per qualche
figurina o comprati per poche lire nel negozio di giocattoli sotto casa. Poi, nascosto
sotto una vecchia cassapanca di legno, li osservava in silenzio mentre scendeva la sera,
trattenendo il respiro per non far rumore, nell’attesa di vederli muovere.
Anche se ogni attesa era seguita da una piccola delusione (non si muovevano!), il bambino era
certo che ogni soldatino fosse unico perché unica era la sua anima. Ad ogni soldatino dava un
nome e non erano ammessi doppioni. Il cow boy preferito si chiamava Ringo, montava un cavallo
impennato e aveva la camicia gialla e la pistola puntata. Era sempre l’ultimo a morire
nell’ennesimo massacro di Fort Apache. L’indiano più bello, il “capo degli indiani”, aveva
la testa smozzicata, il busto smontabile e i pantaloni bianchi, si chiamava Jensus. Gli anni
sono passati e il bambino è diventato un uomo. Un giorno, curiosando in soffitta, trova una
scatola di latta coperta di polvere. Dentro, protetti dal tempo, ci sono i suoi soldatini.
Sotto le basette verdi, appena visibile, si legge una scritta consumata dai giochi
dell’infanzia :
NARDI ITALY DEPOSE’.
Ma questa è un’altra storia…